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Milano, 8.5.2024

Il risarcimento del terzo trasportato
clausole vessatorie 2015-08-24


Cassazione: vessatorie alcune clausole in polizze assicurative vita


Cassazione III Civile n. 17024 del 20.8.2015



testo 2015-08-24


-
u

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

1. Il 25.3.2002 Caio Caio stipulo' con l'Alfa s.p.a. (che in seguito mutera' ragione sociale in Alfa s.p.a.; d'ora innanzi, per brevita', "Alfa") una polizza sulla propria vita per il caso di morte, con previsione di pagamento dell'indennizzo a beneficio di tizio tizio.

Quindici giorni dopo la stipula, 1'11.4.2002, il portatore di rischio mori' a causa di un ictus.

 

2. L'assicuratore, richiesto del pagamento dell'indennizzo, lo rifiuto' adducendo due ragioni;

(a) il contraente al momento della stipula aveva mentito sul proprio stato di salute, e quindi l'indennizzo non era dovuto ex art. 1892 c.c.;

(b) il beneficiario non aveva accompagnato la richiesta di indennizzo con i documenti richiesti dal contratto: e cioe' una relazione medica sulle cause della morte e la dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta' dimostrante la qualita' di erede.

 

3. A fronte del diniego dell'assicuratore, tizio tizio nel 2003 convenne Alfa dinanzi al Tribunale di Forli', chiedendone la condanna al pagamento dell'indennizzo.

Alfa si costitui', nego' la propria obbligazione ed in via riconvenzionale chiese dichiararsi l'annullamento del contrattoex art. 1892 c.c..

 

4. Il Tribunale di Forli' con sentenza 22.5.2008 n. 483 rigetto' tutte e due le contrapposte domande.

La sentenza venne appellata in via principale da tizio tizio, ed in via incidentale dalAlfa.

La Corte d'appello di Bologna con sentenza 12.6.2012 n. 828 accolse l'appello principale e condanno' l'assicuratore alpagamento dell'indennizzo.

 

Ritenne la Corte d'appello;

 

- che la clausola 16 delle condizioni generali di polizza, ovvero quella che subordinava il pagamento dell'indennizzoalla presentazione dei documenti ivi indicati, fosse vessatoria ai sensi dell'art. 33 del d. Igs. 6.9.2005 n. 206, perche' subordinava l'adempimento dell'assicuratore all'esecuzione di oneri particolarmente gravosi da parte del beneficiario; perche' invertiva l'onere della prova e perche' non era stata resa conoscibile al contraente;

 

- che la domanda di annullamento del contratto proposta dalAlfa era inammissibile (rectius, infondata), perche' si sarebbe dovuta proporre contro gli eredi del contraente.

 

5. La sentenza d'appello e' stata impugnata per cassazione dalAlfa sulla base di tre motivi.

tizio tizio non si e' difeso.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all'arart. 360, n. 3, c.p.c. (si assumono violati gli artt. 99, 101, 345 c.p.c.; 111 cost.;33, 34, 36 d. Igs. 6.9.2005 n. 206); sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c..

Espone, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere tempestiva l'eccezione di nullita' della clausola16 delle condizioni generali, sebbene sollevata da tizio tizio solo con la comparsa conclusionale.

Infatti, sebbene la nullita' sia rilevabile anche d'ufficio, e' pur sempre onere della parte allegare tempestivamente i fatti posti a fondamento dell'eccezione di nullita'.

Nel caso di specie, prosegue la ricorrente, mai l'attore aveva allegato i presupposti di fatto dai quali desumere la vessatorieta' della clausola: e cioe' se essa avesse formato oggetto di trattativa, se essa avesse provocato un significativo squilibrio tra le posizioni delle parti, e con quali modalita' era stata approvata.

Soggiunge, infine, la ricorrente che l'esame dell'eccezione di nullita' tardivamente sollevata aveva vulnerato il contraddittorio ed il suo diritto di difesa, perche' non era stata messa in condizione di replicare sin dal primo grado di giudizio.

 

Il motivo e' infondato.

 

La Corte d'appello ha dichiarato nulla la clausola n. 16 delle condizioni generali di contratto.

Questa clausola, secondo la Corte d'appello, presentava tre diversi profili di nullita';

(a) era nulla ai sensi dell'art. 33, lettera (q), del d. Igs. 6.9.2005 n. 206, in quanto subordinava il pagamentodell'indennizzo al compimento di attivita', da parte del beneficiario, ritenute "di difficile attuazione", quali la consegna di documentazione medica o concernente la successione del portatore di rischio;

(b) era nulla ai sensi dell'art. 33, lettera (t), del d. Igs. 6.9.2005 n. 206, in quanto addossava al beneficiario l'onere di provare la morte del portatore di rischio e le cause di essa;

(c) era, infine, nulla ai sensi dell'art. 33, lettera (I), del d. Igs. 6.9.2005 n. 206, in quanto non era conosciuta dall' "assicurato" (recte, contraente) al momento della stipula.

Il primo dei suddetti profili di nullita' non fu invocato dall'attore nell'atto di citazione, ma fu prospettato nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, al fine di replicare all'eccezione della societa' convenuta, con la quale quest'ultima ricuso' il pagamento dell'indennizzo per il mancato adempimento degli oneri prescritti dalla suddetta clausolan. 16.

Gli altri due profili di nullita' furono invece prospettati da tizio tizio nell'atto di citazione in appello.

 

1.3. Alfa, nell'invocare il vizio di extrapetizione, pone due problemi di diritto;

(a) se possa il giudice rilevare d'ufficio la nullita' parziale del contratto in grado di appello, anche oltre la prospettazione delle parti, ovvero rilevarla quando la relativa domanda od eccezione sia tardivamente proposta;

(b) se possa il giudice porre a fondamento della pronuncia di accertamento della nullita' parziale circostanze di fatto non tempestivamente allegate.

 

Ad ambedue tali quesiti, che tanti contrasti avevano sollevato in passato, hanno dato definitiva risposta in senso affermativo le Sezioni Unite di questa Corte.

 

1.4. Per quanto riguarda il primo problema (rilevabilita' d'ufficio della nullita' totale o parziale del contratto, in assenza di domande od eccezioni delle parti ovvero in presenza di domande od eccezioni di nullita' tardiva), le Sezioni Unite hanno stabilito che il giudice ha sempre il potere di rilevare d'ufficio la nullita' del contratto o di singole clausole, anche nel giudizio di appello ed in quello di cassazione (Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014, Rv. 633509).

Tale potere riguarda sia le nullita' tradizionali (di cui all'art. 1418 c.c.), sia quelle cosiddette "di protezione", previste cioe' al fine di garantire la parita' tra contraenti forti e contraenti deboli, come appunto quelle dettate dall'arart. 33 d. Igs. 6.9.2005 n. 206 a protezione del consumatore (Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014, Rv. 633503).

Una volta che il giudice abbia rilevato (anche) d'ufficio l'esistenza della nullita', e' facolta' delle parti domandargli, anche tardivamente, che tale nullita' sia dichiarata in sentenza con effetto di giudicato (Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014, Rv. 633502).

1.4.1. Nel caso di specie, la questione della nullita' della clausola n. 16 del contratto di assicurazione e' stata;

(a) prospettata dall'attore nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado;

(b) esaminata dal Tribunale;

(c) riproposta (ed ampliata) dall'attore soccombente, con l'atto d'appello;

(d) discussa nel giudizio di appello;

(e) decisa dalla Corte d'appello.

Ne consegue, alla luce dei princi'pi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte e riassunti al § 1.4, che il rilievo della nullita' non fu tardivo, non esistendo limiti a tale rilievo; e che non vi fu violazione del contraddittorio, avendo le parti ampiamente discusso in grado di appello della questione in esame.

1.5. Veniamo ora al secondo problema posto dalAlfa col primo motivo di ricorso, e cioe' se siano stati tempestivamente allegati da tizio tizio i fatti materiali posti a fondamento dell'eccezione di nullita'.

Secondo Alfa, infatti, anche ad ammettere che la nullita' d'una clausola contrattuale possa essere rilevata d'ufficio in qualunque stato e grado del giudizio, nondimeno resterebbe onere della parte interessata alla pronuncia di nullita' dedurre tempestivamente il fatto costitutivo di tale pretesa.

Questa deduzione delAlfa e', nel presente giudizio, per un verso inammissibile, per altro verso irrilevante, e comunque infondata nel merito.

1.5.1. In primo luogo la deduzione e' irrilevante perche', come detto al § 1.2, la Corte d'appello ha ritenuto la clausolan. 16 del contratto di assicurazione nulla per tre diverse ragioni: imposizione al beneficiario di oneri gravosi, inversione dell'onere della prova, inconoscibilita'.

Di queste tre cause di nullita' solo la terza (inconoscibilita' al momento della stipula) si fonda su una circostanza di fatto. Le altre due cause di nullita' (gravosita' degli oneri imposti al beneficiario ed inversione illegittima dell'onere della prova) non risposano su circostanze di fatto, e non necessitavano di altra allegazione che il testo del contratto.

Il testo del contratto, nel presente giudizio, e' stato tempestivamente prodotto in giudizio da ambo le parti.

Deve trovare applicazione, di conseguenza, il principio - anch'esso affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte - secondo cui "il rilievo d'ufficio delle eccezioni in senso lato non e' subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed e' ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d'ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto" (cosi' Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013, Rv. 626194).

Pertanto, anche ad ammettere che il beneficiario tizio tizio mai avesse tempestivamente prospettato, nel presente giudizio, il fatto materiale della "inconoscibilita'" della clausola, risultavano comunque acquisiti al processo i fatti materiali posti dalla Corte d'appello a fondamento delle altre due ravvisate nullita' (gravita' degli oneri ed inversione dell'onere della prova) i quali altra allegazione non richiedevano, se non la produzione del testo contrattuale.

Ne consegue che il motivo in esame e', sotto questo profilo, inammissibile per difetto di interesse, dal momento che anche a ritenere nulla la sentenza d'appello, nella parte in cui ha ritenuto sussistere la nullita' della clausola n. 16 per inconoscibilita' di essa da parte dell'assicurato, la decisione resterebbe ferma e valida nella parte in cui ha dichiarato la nullita' della clausola per gravosita' degli oneri o per l'inversione dell'onere della prova.

1.5.2. Quanto esposto non e' infirmato dalle deduzioni svolte dalAlfa nel proprio ricorso, con le quali in sostanza si assume che "fatti costitutivi" dell'eccezione di nullita' ex art. 33 d. Igs. 206/05 sarebbero lo "squilibrio" nella posizione delle parti, e l'assenza di "trattative".

Come noto, l'art. 33 d. Igs. 206/05 prevede due tipi di clausole vessatorie;

(a) clausole vessatorie "atipiche", previste dal comma 1, per le quali e' onere di chi invoca la nullita' dimostrare che esse hanno provocato un significativo squilibrio tra le posizioni delle parti;

(b) clausole vessatorie "tipiche", previste dal comma 2, le quali si presumono vessatorie fino a prova contraria.

Nel nostro caso la Corte d'appello ha inquadrato la clausola 16 del contratto di assicurazione nel secondo dei suddetti gruppi: e per questo tipo di nullita' il beneficiario non aveva dunque alcun onere di allegare e provare il "significativo squilibrio", il quale si presumeva juris tantum. Sarebbe stato, invece, onere delAlfa chiedere di essere ammessa a provare l'assenza di quello squilibrio, anche eventualmente invocando la rimessione in termini ex art. 184 bis c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis), o ex art. 153 c.p.c..

Non meno infondata e' l'allegazione delAlfa secondo cui tizio tizio avrebbe tardivamente allegato il "fatto costitutivo" dell'eccezione di nullita', rappresentato dalla mancanza di trattativa sulla clausola incriminata.

Infatti, ai sensi dell'art. 34, comma 5, d. Igs. 206/05, nel caso di contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare che la clausola unilateralmente predisposta sia stata oggetto di specifica trattativa col consumatore.

Anche in questo caso, pertanto, non era onere di tizio tizio allegare e provare la mancanza di trattativa, ma era onere delAlfa allegare e provare la presenza di essa.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all'arart. 360, n. 3, c.p.c. (si assumono violati gli artt. 81, 100, 112 c.p.c.; 1413, 1891, 1892, 1920 c.c.); sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c..

Espone, al riguardo, che la Corte d'appello ha ritenuto inammissibile la domanda di annullamento del contratto per reticenza del contraente (proposta ai sensi dell'art. 1892 c.c.), perche' essa andava formulata non nei confronti delbeneficiario della polizza, ma nei confronti degli eredi del contraente.

Tale statuizione - osserva la ricorrente - e' erronea, perche' al beneficiario possono essere opposte tutte le eccezionibasate sul contratto.

La sentenza, soggiunge Alfa, e' altresi' contraddittoria nella motivazione, perche' da un lato ritiene che la domanda diannullamento vada proposta non nei confronti del beneficiario, ma nei confronti del contraente (ovvero dei suoi eredi); e dall'altro ritiene che l'eccezione di nullita' d'una clausola del contratto ben possa essere proposta dal beneficiario.

Nella parte in cui invoca il vizio di motivazione, il motivo e' infondato.

Il beneficiario d'una assicurazione sulla vita, infatti, puo' esercitare i diritti nascenti dal contratto, e se gli vengono negati sulla base d'una certa pattuizione contrattuale, egli ha facolta' di invocarne la nullita' contrattuale;

e cio' non e' affatto in contraddizione con la regola secondo cui l'azione di annullamento va proposta nei confronti di chi il contratto ha concluso, non nei confronti di chi ne trae beneficio.

2.3. Nella parte, invece, in cui lamenta la violazione di legge, il motivo e' fondato.

In primo grado Alfa (ohm, INA), si costitui' formulando una difesa formalmente intitolata "domanda riconvenzionale" (p. 4, terzo capoverso, della comparsa di costituzione e risposta), con la quale chiese che il Tribunale dichiarasse "l'invalidita' del contratto di assicurazione ex art. 1892 c.c., ove dalla documentazione prodotta dall'attore (...), dovesse risultare (...) la reticenza dell'assicurato in merito alle di lui condizioni fisiche o di salute".

Sebbene questa formulazione non corrisponda certo allo standard di rigore lessicale che e' lecito attendersi da un professionista del diritto, dall'esame complessivo delle difese anche successivamente svolte dalAlfa appare evidente che quella che il difensore delAlfa chiamo' "azione di annullamento" era nella sostanza una vera e propria eccezione di decadenza dall'indennizzo. Con essa Alfa non formulo' alcuna domanda di annullamento, ma chiese piu' semplicemente l'accertamento della legittimita' del proprio rifiuto di pagamento dell'indennizzo.

Depone in tal senso non solo la sintassi della comparsa di risposta in primo grado, appena trascritta; ma soprattutto la circostanza che nell'assicurazione sulla vita manca ogni interesse dell'assicuratore a domandare l'annullamento ex art. 1892 c.c..

Nell'assicurazione contro i danni, infatti, l'assicuratore potrebbe in teoria scegliere di rifiutare l'indennizzo per quel singolo sinistro, ma tenere in vita il contratto, per lucrare i premi futuri (premi che perderebbe se domandasse l'annullamento).

Nell'assicurazione sulla vita di una sola persona (c.d. "a testa singola") per il caso di morte, invece, il sinistro una volta avveratosi non puo' ovviamente piu' ripetersi, e in caso di annullamento l'assicuratore non e' tenuto a restituire i premi gia' riscossi. Dunque un ipotetico annullamento di una assicurazione sulla vita per reticenza del contraente, quando la morte sia gia' avvenuta, non attribuirebbe all'assicuratore alcun vantaggio ulteriore o diverso rispetto a quello che trarrebbe dal rifiuto dell'indennizzo.

La Corte d'appello ha dunque sbagliato nel ritenere mal proposta l'azione di annullamento, senza chiedersi se la difesa concretamente svolta dall'Alfa non dovesse qualificarsi piuttosto come eccezione di decadenza dall'indennizzo.

2.4. La sentenza va dunque cassata, su questo punto, con rinvio alla Corte d'appello di Bologna, la quale nel riesaminare l'appello incidentale delAlfa qualifichera' correttamente l'eccezione da essa sollevata, secondo quanto esposto al § precedente, ed esaminera' di conseguenza se sia legittimo o meno il rifiuto del pagamento dell'indennizzo ai sensi dell'arart. 1892 c.c., tenendo presente ovviamente che e' onere dell'assicuratore provare la reticenza dell'assicurato e l'incidenza di essa sul proprio consenso alla stipula del contratto.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Anche col terzo ed ultimo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all'art. 360, n. 3, c.p.c. (si assumono violati gli artt. 1362, 1411, 1412, 1920, 1921 c.c.; 33, 34, 36 d. Igs. 6.9.2005 n. 206); sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c..

Il motivo, sebbene unitario, contiene in realta' tre censure.

Con la prima censura Alfa allega che la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere vessatoria, ex art. 33 d. Igs. 206/05, la clausola n. 16 delle condizioni di polizza. Tale clausola addossava al beneficiario, per ottenere il pagamentodell'indennizzo, l'onere di produrre una serie di documenti analiticamente indicati nel contratto.

Deduce che tale clausola era preordinata a mettere l'assicuratore in condizione di conoscere le cause del decesso, e quindi accertare se esso rientrasse o meno nei rischi dedotti nel contratto.

Con la seconda censura Alfa deduce che la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere che l'art. 16 di cui sopra invertisse illegittimamente l'onere della prova. Spiega, al riguardo, che l'onere imposto al beneficiario di produrreall'assicuratore una relazione medico-legale sulle cause della morte del portatore di rischio non aveva lo scopo di invertire l'onere della prova, ma solo di "rappresentazione tecnico-scientifica delle cause della morte".

Con la terza censura, infine, Alfa deduce che la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere che l'art. 16 di cui sopra non sia stato reso conoscibile al contraente; e comunque non ha in alcun modo motivato tale accertamento.

3.1. La prima delle censure appena riassunte e' infondata; le altre due restano assorbite dal rigetto della prima.

3.2. L'art. 16 delle condizioni generali di contratto prevedeva che il beneficiario, per ottenere il pagamentodell'indennizzo, dovesse;

(a) sottoscrivere una domanda su apposito modulo predisposto dall'assicuratore, e per di piu' farlo "presso l'agenzia Alfa di competenza";

(b) produrre il certificato di morte del portatore di rischio;

(c) produrre una relazione medica sulle cause della morte, scritta da un medico su un modulo predisposto dall'assicuratore;

(d) produrre una dichiarazione del medico autore della relazione di cui sopra, nella quale questi attesti di avere "personalmente curato le risposte";

(e) produrre, a semplice richiesta dell'assicuratore, le cartelle cliniche relative ai ricoveri subiti dal portatore di rischio;

(f) produrre un atto notorio "riguardante lo stato successorio" della persona deceduta;

(g) produrre l'originale della polizza.

 

3.3. La vessatorieta' di tale clausola, ai sensi dell'art. 33, lettera (q), d. Igs. 20605, e' manifesta.

La previsione per cui il beneficiario deve formulare domanda di indennizzo su un modulo predisposto dall'assicuratore si pone in contrasto col principio di liberta' delle forme, che permea di se' l'intera materia delle obbligazioni.

La previsione per cui il beneficiario deve sottoscrivere la richiesta di indennizzo "presso l'Agenzia Alfa di competenza" viola addirittura la liberta' personale e di movimento del beneficiario, imponendogli di fatto una servitu' personale senza nessun beneficio o vantaggio per l'assicuratore.

La previsione per cui il beneficiario deve produrre una relazione medica sulla morte del portatore di rischio non solo pone un non irrilevante onere economico a carico del beneficiario, ma per di piu' pone a suo carico l'onere di documentare le cause del sinistro, onere che per legge non ha.

Nell'assicurazione sulla vita, infatti, il beneficiario ha il solo onere di provare l'avverarsi del rischio, e quindi la morte della persona sulla cui cita e' stata stipulata l'assicurazione (c.d. portatore di rischio). La circostanza che la morte possa essere avvenuta per cause che escludano l'indennizzabilita' secondo le previsioni contrattuali, in quanto fatto estintivo della pretesa attorea, va provato dall'assicuratore, non dal beneficiario.

La previsione per cui il beneficiario, a semplice richiesta, deve proporre le cartelle cliniche relative ai ricoveri della persona deceduta per un verso e' di sconfinata latitudine, in quanto - non ponendo limiti temporali - facoltizza l'assicuratore, in teoria, a domandare sinanche cartelle cliniche relative a ricoveri subiti dal portatore di rischio in gioventu' o comunque molti anni prima del decesso; per altro verso addossa al beneficiario l'onere economico di estrazione delle relative copie, e l'onere materiale di contrastare eventuali eccezioni di insostenibilita' che la struttura sanitaria potrebbe opporgli, invocando le norme a tutela della riservatezza.

La previsione per cui il beneficiario deve produrre un atto notorio riguardante lo "stato successorio" del deceduto e' inutile, posto che il beneficio acquista il diritto all'indennizzo jure proprio, non certo jure haereditario, e per l'assicuratore e'irrilevante sapere se il deceduto sia morto ab intestato oppure no. Ne' Alfa nel presente giudizio, ha mai allegato che, essendo la polizza beneficiata a vantaggio genericamente "degli eredi", come pure talora accade, fosse per essa necessario sapere chi fossero questi ultimi.

La previsione per cui il beneficiario deve produrre l'originale della polizza, infine, e' anch'essa inutilmente gravosa, posto che di essa l'assicuratore e' necessariamente gia' in possesso (art. 1888 c.c.), e per evitare pagamenti erronei l'unica esigenza dell'assicuratore e' accertare l'identita' personale del richiedente l'indennizzo, fine per il quale il possesso della polizza e' irrilevante.

Tutte queste previsioni, ciascuna delle quali gia' di per se' gravosa, messe insieme formano un cocktail giugulatorio ed opprimente per il beneficiario, e per di piu' senza alcun reale vantaggio per l'assicuratore, che non sia quello di frapporre formalistici ostacoli al pagamento dell'indennizzo.

Da quanto esposto consegue che la Corte d'appello, nel dichiarare nulla ai sensi dell'art. 33, comma 2, lettera (q), d. Igs. 6.9.2005 n. 206, la clausola n. 16 del contratto, ha statuito in modo conforme a diritto.

3.4. La seconda e la terza censura prospettate col terzo motivo di ricorso restano assorbite. Ed infatti, una volta ritenuta la nullita' della clausola n. 16 ai sensi della lettera (q) dell'art. 33 d. Igs. 20605, diviene irrilevante stabilire se fosse o meno nulla anche ai sensi delle lettere (t) ed (I).

4. Le spese.

Le spese del giudizio di legittimita' e dei gradi precedenti di merito saranno liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell'art. 385, comma 3, c.p.c..

P.q.m.

la Corte di cassazione, visto l'art. 380 c.p.c.;

-) rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso;

-) accoglie il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione;

-) rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita' e di quelle dei gradi di merito.

Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addi' 20 maggio 2015.




2015-08-24 Segnalato da: Spataro




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