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Cassazione e Danno biologico

Cassazione e Danno biologico ... Fonte: euro

 

""- Risarcimento del danno - Patrimoniale e non patrimoniale - Danno morale - Danno biologico - Derivante da reato - (Ir)risarcibilità.

Sono state sottoposte all'esame delle Sezioni Unite questioni relative a pretese risarcitorie formulate da persone fisiche che assumono di avere subito danni patrimoniali, biologici e morali a causa del noto evento accaduto in Seveso il 10.7.1976 e consistito nella fuoriuscita di gas tossici dallo stabilimento della società ICMESA, ivi sito. In relazione a tale accadimento si é svolto un procedimento penale per il delitto di disastro colposo, ex art. 449 cod. pen., con esito definitivo condannatorio.

In sede civile le cause in esame sono state proposte, ex art. 2049 cod. civ., nei confronti della ICMESA S.p.a. e della Givaudan Roure S.A., essendo stato il reato addebitato a loro dipendenti. In appello sono state definite dalle sentenze n. 2005 del 27.6.1995 e n. 305 del 4.2.1997, con le quali, fra l'altro, é stato confermato il diritto al risarcimento del danno morale pur in assenza di danno biologico e patrimoniale.

In esse vengono, pertanto, dibattute anche le questioni già risolte dalla terza sezione civile della Suprema Corte con le sentenze n. 4631 del 24.5.1997 e n. 5530 del 20.6.1997, relative a ricorsi proposti dalla stessa società Icmesa nei confronti di abitanti della zona, danneggiati dal medesimo evento.

I principi affermati nelle due precedenti sentenze sono stati oggetto delle seguenti massime:

"Il danno morale soggettivo, verificatosi in occasione della compromissione, ,anche grave, della salubrità dell'ambiente a seguito di disastri colposi, dà luogo a risarcimento, solo a condizione che sia conseguenza della menomazione dell'integrità psico-fisica, o di altro evento produttivo di danno patrimoniale.

(Nella fattispecie la Corte ha ritenuto che alla risarcibilità del danno morale, identificato nel perturbamento psichico, non si renda sufficiente il solo fatto che l'inquinamento ambientale abbia comportato l'esposizione a quantità imprecisate di diossina, ed a prescrizioni e limitazioni della libertà d'azione e di vita, e a controlli sanitari sostanzialmente coattivi)".

"Il danno morale soggettivo inteso quale transeunte turbamento psicologico é - anche in base ai principi affermati dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 184 del 1986 e n. 37 del 1994 - al pari del danno patrimoniale

in senso stretto, danno-conseguenza, risarcibile solo ove derivi dalla menomazione dell'integrità fisica dell'offeso o da altro tipo di evento produttivo di danno patrimoniale.

Pertanto nel caso di compromissione anche grave della salubrità dell'ambiente, derivante da immissioni di una sostanza altamente tossica (nella specie: diossina) a seguito di disastro colposo, il turbamento psichico subito dalla generalità delle persone costrette a sottoporsi a periodici controlli sanitari a seguito dell'esposizione a quantità imprecisate della detta sostanza, con conseguente limitazione della propria libertà di azione e di vita, non é risarcibile in via autonoma quale danno morale sopportato in eguale misura da ciascuno dei soggetti coinvolti nel disastro, ove non costituisca conseguenza della menomazione specificamente subita da ciascuno di essi nella propria integrità psico-fisica".

Nelle citate ordinanze del 24.3.2000 e del 18.5.2000, di rimessione alle Sezioni Unite, si sottolinea il contrasto delle due sentenze d'appello impugnate con tale (peraltro) successivo orientamento della Suprema Corte, rilevando che in entrambe le pronunce l'attribuzione del ristoro per il solo danno morale é stata fondata sul rilievo che non sussiste dipendenza logico-giuridica tra danno biologico e danno morale, questo ben potendo essere riconosciuto in relazione alle sofferenze di natura morale dalle quali non derivi anche un concreto pregiudizio all'integrità psico-fisica del soggetto.

Le ragioni che hanno indotto a ritenere la questione di particolare importanza e quindi a sollecitare l'esame più approfondito da parte delle Sezioni Unite, risultano espressamente fondate, tenuto anche conto del dibattito svoltosi in dottrina e degli approfonditi rilievi critici formulati per auspicare un mutamento di indirizzo, su dubbi e perplessità circa l'esattezza del principio affermato dalle precedenti sentenze n. 4631 e n. 5530 del 1997, relativi in sintesi:

a) alla interpretazione della dicotomia danno-evento e danno-conseguenza, dovendosi escludere che il danno-evento, delineato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 184 del 1986, si esaurisca nella menomazione psico-fisica propria del danno biologico, senza comprendere anche eventuali lesioni del bene salute, protetto dall'art. 32 Cost. e suscettibile di tutela aquiliana diretta ed automa rispetto a quella indiretta ed indifferenziata apprestata dalla legge sull'inquinamento;

b) alla eventuale strumentalizzazione della suddetta interpretazione al fine di evitare un'illimitata proliferazione di azioni risarcitorie;

c) alla autonoma risarcibilità del danno morale, secondo l'unica condizione (art. 2059 cod. civ. e 185 cod. pen.) che esso consista nel perturbamento psichico della vittima del reato;

d) alla stessa utilità o necessità, allo scopo richiesto, della dicotomia tra danni-evento e danni-conseguenza.

Sempre ai fini della valutazione della qualificazione della particolare importanza della questione, si é anche rilevata l'incidenza dell'ulteriore profilo relativo al problema particolare della selezione dei danni risarcibili come conseguenti ad un reato di pericolo presunto, quale é quello di cui all'art. 449 cod. pen.. Al riguardo si é evidenziato che se si ammette che il delitto di disastro colposo da inquinamento ambientale é sempre plurioffensivo, diviene ingiustificato negare il risarcimento del danno morale anche ai singoli, che dimostrino di avere subito un perturbamento psichico a causa del pericolo astratto di attentato alla loro sfera individuale. Se viceversa la plurioffensività del reato viene considerata solo eventuale, nel senso che la lesione di un interesse anche dei singoli sussiste sempre che in concreto per essi si sia realizzata almeno una situazione di pericolo, é logico ritenere che ai fini del risarcimento del danno morale occorra la dimostrazione del pregiudizio concreto arrecato dal commesso reato, quale criterio per definire gli effetti esatti dell'evento calamitoso ed individuarne le vittime.

(Estratto della relazione dell'Ufficio del Massimario n. 31/2001, R.G. 4644+7721+5670/98+8284+10644/96)"


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2001-11-28 Chi: Valentino spataro Fonte: euro Link: http://www.giustizia.it/cassazione/novita/casscivi








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