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Cassazione Sezione Terza Civile n. 15580 dell’11 dicembre 2000, Pres. Duva, Rel. Petti

Risarcimento danno patrimoniale per la casalinga

 

SSVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 7 settembre 1987 i coniugi R.G. e V.M. convennero dinanzi al Tribunale di Sondrio il danneggiante U.M. titolare della soc. (omissis) e l'assicurazione (omissis) s.p.a. e ne chiedevano la condanna in solido al pagamento dei danni patrimoniali, biologico e morale conseguenti all'incidente avvenuto il 14 agosto 1986, nel corso del quale l'autocarro della soc. (omissis) tamponava la FIAT Panda su cui viaggiavano i coniugi G. M..

Si costituiva l'assicurazione assumendo di aver corrisposto un congruo risarcimento pari a lire 20 milioni.

La causa era istruita documentalmente e con espletamento di consulenza medico legale sulla persona della M. che aveva riportato lesioni con esisti permanenti (frattura multipla dell'omero, stimata nella misura del 13%) ed all'esito dell'istruttoria il Tribunale con la sentenza 89/91 accoglieva in parte le domande, liquidando i danni subiti dall'autovettura, e riconoscendo alla M., quale danneggiata casalinga, i soli danni morali e biologico, liquidati in L. 1.5000.000 e L. 750.000 al punto in moneta alla data della decisione (1991).

La decisione era impugnata dalla sola M. per la ridotta liquidazione del danno patrimoniale, non essendo stato liquidato ne il danno per la invalidità relativa (di 90 giorni) sia il danno patrimoniale per la diminuita capacità lavorativa (in relazione alla menomazione invalidante al 13%.

Resistevano le controparti chiedendo il rigetto del gravame.

Con sentenza depositata il 28 novembre 1995 la Corte d'Appello di Milano in parziale riforma, condannava in solido la parte danneggiante e la società assicuratrice a risarcire il danno patrimoniale sofferto dalla M., che liquidava in lire 13 milioni "in valuta attuale"; confermava nel resto, poneva a carico delle appellate le spese di secondo grado e accessori.

Per quanto qui ancora interessa il ragionamento svolto dal giudice di appello era il seguente:

erroneamente il primo giudice aveva, sulla base delle conclusioni peritali, considerato il danno relativo alla menomazione della capacità lavorativa della casalinga all'interno del danno biologico, liquidato a punto; poiché si trattava di voce autonoma di danno essa doveva essere equitativamente valutata, sempre a punto, nella somma di lire 13 milioni ai valori attuali.

Non precisava peraltro la Corte a quale parametro legale o convenzionale tale valutazione facesse riferimento.

Contro la decisione ricorre la danneggiata deducendo tre motivi; resiste l'assicurazione, proponendo ricorso incidentale. Non si è costituita la parte danneggiante. La ricorrente ha prodotto memoria; parimenti la resistente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi sono stati previamente riuniti; precede l'esame del ricorso incidentale che pone questione pregiudiziale di merito sulla configurabilità ed esistenza del danno patrimoniale della casalinga.

A. Esame del ricorso incidentale (omissis).

Il ricorso si articola in due motivi di censura.

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2056, 2057, 1223, 1226, 2697 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c..

La tesi assiomatica è la seguente: l'esistenza di un danno patrimoniale a carico della casalinga, solo perché priva di altre fonti di reddito, comporta una sperequazione di trattamento nei confronti di soggetti i quali, pur non possedendo lo status di casalinga, svolgono di fatto le stesse mansioni.

La difficoltà della casalinga nel compiere le mansioni domestiche, durante il corso della malattia o dell'invalidità permanente, dovrà essere considerata come una componente del danno biologico e risarcita con una integrazione equitativa di questo che tenga conto delle circostanze del caso concreto.

Ulteriore argomento viene tratto dal noto arresto costituzionale del 1986 (sent. n. 184) fondato sulla sistemazione del danno biologico come danno evento e del danno patrimoniale e morale come danni consequenziali allo stesso. In questo quadro, si assume, che il danno patrimoniale della casalinga non è configurabi


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