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Sentenza - Pdf - Stampa

Selezione di massime ufficiali di cassazione in materia di danno biologico

Da StudioMedico una preziosa raccolta

 

CCassazione civile, sez. III, 11 febbraio 1985 n. 1130 In caso di fatto illecito lesivo dell'integrità psicofisica della persona, il danno patrimoniale risarcibile non è costituito soltanto dalle conseguenze pregiudizievoli correlate all'efficienza lavorativa ed alla capacità di produzione di reddito, ma si estende a tutti gli effetti negativi incidenti sul bene primario della salute, in sé considerato quale diritto inviolabile dell'uomo alla pienezza della vita ed all'esplicazione della propria personalità, morale, intellettuale, culturale (cosiddetto danno biologico), tenuto conto che tale bene fa parte integrante del patrimonio del soggetto, e viene conseguentemente leso dal suddetto fatto illecito, anche quando riguardi chi non abbia ancora, o abbia perduto, o non abbia mai avuto attitudine a svolgere attività produttiva di reddito. Questo principio non resta escluso dalla mancanza di criteri obiettivi per l'esatta quantificazione in denaro del pregiudizio di quel bene primario, stante il potere-dovere del giudice di ricorrere ad una stima equitativa, considerando tutte le circostanze specifiche del caso concreto (gravità delle lesioni, durata della invalidità' temporanea, eventuali postumi permanenti, età, attività, condizioni sociali e familiari del danneggiato, ecc.). Cassazione civile sez. lav., 6 luglio 1990 n. 7101 Il bene alla salute costituisce, come tale, oggetto di autonomo diritto primario assoluto (art. 32 cost.), sicché il risarcimento dovuto per la lesione non può essere limitato alle conseguenze che incidono soltanto sull'idoneità a produrre reddito, ma deve autonomamente comprendere il cosiddetto danno biologico, inteso come la menomazione dell'integrità psicofisica della persona in sè per sè considerata, in quanto incidente sul valore uomo in tutta la sua dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla somma delle funzioni naturali riguardanti il soggetto nel suo ambiente di vita ed aventi rilevanza non solo economica ma anche biologica, sociale, culturale ed estetica. Il suesposto principio è applicabile anche in caso di violazione dell'art. 2087 c.c. (tutela delle condizioni di lavoro), il quale non enuncia soltanto un dovere nell'interesse generale, ma impone anche all'imprenditore un vero e proprio obbligo, la cui inosservanza è fonte di responsabilità risarcitoria nei confronti del lavoratore, sempre ché si accerti la sussistenza di un nesso di causalità fra l'omissione (almeno colposa) delle cautele da parte dell'imprenditore e l'insorgenza degli effetti patologici o traumatici nel lavoratore medesimo. Cassazione civile sez. III, 5 novembre 1994, n. 9170 Il danno costituito dalla compromissione della capacità psico-fisica di un soggetto, che incida negativamente sull'esplicazione di attività diverse da quella lavorativa normale, come le attività, sociali e quelle ricreative (cosiddetto danno alla vita di relazione), in quanto prescinde dalla capacità di produrre reddito rientra nel danno alla salute (cosiddetto danno biologico) e va liquidato, in conseguenza, soltanto a tale titolo. Nell'ipotesi di liquidazione di danni alla persona che si proiettano con carattere di permanenza nel futuro, il giudice del merito deve necessariamente procedere alla determinazione del "quantum debeatur" attraverso calcoli di probabilità, relativi all'ammontare del lucro cessante, secondo un criterio di scelta che costituisce una sua facoltà discrezionale. Pertanto, il giudice o ricorrerà puramente e semplicemente al criterio equitativo di cui agli art. 2056 e 1226 c.c., ovvero applicherà le tabelle di capitalizzazione approvate con R.D. n. 1403 del 1922, ovvero, ancora, contempererà l'uno e l'altro criterio, particolarmente utilizzando i dati delle tabelle quali dati di partenza, di controllo e di orientamento per la liquidazione equitativa, oppure, ancora, apportando alla liquidazione una riduzione, in considerazione del cosiddetto "scarto" tra vita fisica e lavorativa. Tutto ciò, sempre secondo apprezzamenti sottratti al sindacato di legitt


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