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Sinistro stradale 2007-12-24 - Pdf - Stampa

Cassazione civile, sez. III, 17 dicembre 2007, n. 26537

Sinistro stradale,solidarietà,coobbligazione,azione Fonte: cassazione

 

SSvolgimento del processo

Il Tribunale di Avezzano condannò il Mei e la soc. Intercontinentale Ass.ni a risarcire, nella misura del 50%, il danno cagionato al Dall’Ara in occasione di un sinistro stradale.
A seguito di appello di ambedue le parti la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza non definitiva n. 531 del 29 dicembre 1999, ha condannato il Mei e l’Intercontinentale Ass.ni a risarcire il Dall’Ara dell’intero danno subito, disponendo per il prosieguo e per un supplemento di CTU. Definitivamente pronunciando con sentenza n. 719 dell’11 settembre 2003, la Corte di L’Aquila ha dichiarato che nulla fosse dovuto al Dall’Ara a titolo di risarcimento del danno patrimoniale (non comportando i postumi permanenti una menomata capacità di lavoro) e di danno morale (essendo stata emessa la condanna sulla scorta di una responsabilità presunta); ha altresì stabilito che gli interessi nella misura legale fossero dovuti sulle somme via via rivalutate in base agli indici Istat.
Propone ricorso per cassazione il Dall’Ara a mezzo di tre motivi. Risponde con controricorso la Winterthur Ass.ni (incorporante per fusione la Intercontinentale Ass.ni), la quale propone anche ricorso incidentale, svolto in quattro motivi. La compagnia ha depositato memoria per l’udienza.

Motivi della decisione

I ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c, siccome proposti contro la medesima sentenza.
Vi è una preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso principale perché notificato presso il procuratore costituito in appello della società incorporata. L’eccezione è infondata, in quanto l’eventuale vizio della notifica è sanato dalla costituzione in giudizio della società incorporante.
I) Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile, siccome attraverso di esso viene sollecitata, in sede di legittimità, una diversa valutazione delle risultanze processuali. Con motivazione logica e congrua, infatti, il giudice d’appello ha escluso che i postumi permanenti di natura invalidante, residuati nella misura dell’8%, possano portare ad una riduzione della capacità di lavoro e di guadagno del ricorrente, in considerazione della natura dei postumi e del lavoro intellettuale da lui svolto.
Quanto, poi, alla censura relativa al calcolo degli interessi (terzo motivo), la sentenza impugnata ha correttamente applicato i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità in materia di interessi e rivalutazione (per tutte, cfr. la fondamentale Cass. n. 1712 del 1995), liquidando il danno all’attualità e riconoscendo il diritto agli interessi legali sulla somma stessa, devalutata alla data del sinistro e poi via via rivalutata.
Fondato è, invece, il secondo motivo del ricorso principale con il quale si denuncia il mancato riconoscimento del danno morale a causa dell’assenza del concreto accertamento della responsabilità penale del danneggiale.
In proposito deve essere confermato l’innovativo ed ormai consolidato orientamento di questa S.C., secondo cui alla risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. non ostano né la mancanza di un accertamento in concreto della colpa dell’autore del danno (tutte le volte in cui essa venga ritenuta sussistente in base ad una presunzione di legge, quale, tra le altre, quella di cui all’art. 2050 c.c.), né l’impossibilità di qualificare il fatto dannoso in termini di reato (in argomento, cfr. Cass. 6 agosto 2004, n. 15179).
In relazione a questo punto la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio.
II) Passando al ricorso incidentale, ne va respinto il primo motivo, attraverso il quale la ricorrente compagnia sostiene che l’appello incidentale del danneggiato avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, ex art. 345 c.p.c, contenendo esso una domanda nuova (la richiesta, quale terzo trasportato, della condanna del Mei, in solido con l’assicuratore, ex art. 2055 c.c.) rispetto a quella originariamente formulata (la condanna del Mei quale esclusivo responsabile del danno).
A tal riguardo va posto in evidenza che l’azione fu proposta dal Dall’Ara, contro la compagnia e l’assicurato, per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti nell’incidente, quale terzo trasportato sul motociclo di sua stessa proprietà, sul presupposto dell’esclusiva responsabilità del Mei. Il primo giudice condannò i convenuti al risarcimento del danno nella misura del 50%, facendo applicazione della disposizione dell’art. 2054 c.c. Il giudice d’appello (sent. n. 531 del 1999, pagg. 7 - 10) ha corretto l’errore in cui era incorso il Tribunale, facendo applicazione dei seguenti principi, che occorre, in questa occasione, ribadire:
- in caso di scontro tra i veicoli, la persona trasportata a titolo di cortesia non può avvalersi per ottenere il risarcimento del danno extracontrattuale nei confronti del proprio vettore delle presunzioni dettate dall’art. 2054 comma primo e secondo cod. civ., mentre tale risarcimento essa può ottenere valendosi della presunzione di responsabilità di cui al citato art. 2054 comma primo cod. civ. nei confronti del proprietario e del conducente l’altro veicolo, salva l’azione di regresso di questi ultimi nei confronti del primo conducente ex art. 2055 cod. civ. secondo le rispettive colpe, ove abbiano risarcito per intero il danno (Cass. 17 gennaio 1997, n. 471; 24 ottobre 2007, n. 22336);
- la persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà (quali, nella specie, i responsabili di un sinistro stradale nei confronti del terzo trasportato in uno dei veicoli coinvolti) può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche da una sola delle persone coobbligate, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe e l’eventuale diseguale efficienza causale può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna dell’obbligazione passiva di risarcimento tra i corresponsabili. Conseguentemente, il giudice del merito adito dal danneggiato deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe e sull’efficienza causale delle rispettive condotte solo se uno dei condebitori abbia esercitato l’azione di regresso nei confronti degli altri o, comunque, in vista del regresso abbia chiesto tale accertamento ai fini della ripartizione interna, ovvero se il danneggiato abbia rinunciato alla parte del credito corrispondente al grado di responsabilità del coautore dell’illecito da lui non convenuto nel giudizio - rinuncia, peraltro, non ravvisabile nella sola circostanza di non avere agito anche contro quest’ultimo - o, infine, abbia rinunciato ad avvalersi della solidarietà nei confronti del corresponsabile convenuto (Cass. 16 febbraio 1996, n. 1199; 21 settembre 2007, n. 19492).
La Corte d’appello ha, dunque, accertato che nessuna di queste ultime situazioni ricorre nella fattispecie, posto che non è stata esercitata l’azione di regresso, al cospetto della domanda risarcitoria del Dall’Ara, inequivocabilmente proposta per il ristoro dell’intero danno nei confronti del Mei (con esclusione, dunque, del conducente il motociclo sul quale la vittima era trasportata), proprietario e conducente del motocarro coinvolto nel sinistro, nonché del suo assicuratore.
Inammissibile è il secondo motivo del ricorso incidentale, laddove la ricorrente aspira ad una nuova e diversa valutazione della prova assunta in ordine allo svolgimento del sinistro ed alla relativa responsabilità. Punti in ordine ai quali il giudice ha offerto una motivazione congrua e logica.
Inammissibile, per assoluta novità della questione, è il terzo motivo, attraverso il quale la compagnia, nel censurare la violazione degli artt. 18 e 4 della legge n. 990 del 1969, sostiene che il Dall’Ara, siccome proprietario del mezzo sul quale era trasportato, non può essere considerato terzo (titolare, dunque, dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione), in quanto alla data del sinistro egli non era considerato tale dalla legge. Va, comunque, ribadito in proposito che nella disciplina dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, a seguito delle modifiche introdotte alla legge 24 dicembre 1969 n. 990 dall’art. 1 del D.L. 23 dicembre 1976 n. 857, convertito in legge 26 febbraio 1977 n. 39, anche i terzi trasportati sui veicoli destinati al trasporto di persone, qualunque sia il titolo in base al quale il trasporto sia effettuato, possono esercitare l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore (Cass. 18 gennaio 1994, n. 382).
Infondato, infine, è il quarto motivo, con il quale l’assicuratore, nel dolersi della violazione degli artt. 9 e 18 della legge n. 990 del 1969, sostiene che il giudice avrebbe errato nell’addossargli la prova dell’entità del massimale. Per contrastare siffatta tesi basta ribadire il consolidato principio (al quale la sentenza impugnata s’adegua) in virtù del quale: l’allegazione dell’assicuratore della responsabilità civile automobilistica della limitazione della propria obbligazione indennitaria al massimale pattuito concerne un fatto impeditivo dell’accoglimento della domanda nell’importo richiesto dal danneggiato; sicché, l’onere della prova del massimale incombe sull’assicuratore e dev’essere soddisfatto ex art. 1888 cod. civ., trattandosi di una delle parti contraenti, mediante la produzione del documento contrattuale (tra le varie, cfr. Cass. 12 maggio 1993, n. 5416; 31 luglio 2006, n. 17459).
III) In conclusione, respinti i motivi primo e terzo del ricorso principale, nonché il ricorso incidentale, va accolto il secondo motivo del ricorso principale, con cassazione sul punto della sentenza resa dalla Corte d’appello di L’Aquila n. 719 dell’11 settembre 2003 e rinvio della causa al giudice designato nel dispositivo, il quale si adeguerà al principio enunciato nel precedente capo I), oltre a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta i motivi primo e terzo del ricorso principale, nonché il ricorso incidentale, ed accoglie il secondo motivo del ricorso principale. Cassa sul punto la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Campobasso, anche perché provveda sulle spese del giudizio di cassazione.


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2007-12-24 Chi: Spataro Fonte: cassazione








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