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Tariffe 2011-03-02 - Pdf - Stampa

Assicurazioni: vietati i premi differenziati tra uomini e donne dal 21.12.2012

"L’art. 5, n. 2, della direttiva del Consiglio 13 dicembre 2004, 2004/113/CE, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura, è invalido con effetto alla data del 21 dicembre 2012." Fonte: Curia.eu

 

&

 

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione) 1° marzo 2011 
Nel procedimento C-236/09,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Cour constitutionnelle (Belgio) con decisione 18 giugno 2009, pervenuta in cancelleria il 29 giugno 2009, nella causa
...
contro
Conseil des ministres,
LA CORTE (Grande Sezione),
...
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 settembre 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità dell’art. 5, n. 2, della direttiva del Consiglio 13 dicembre 2004, 2004/113/CE, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura (GU L 373, pag. 37).
2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia instaurata dalla Association belge des Consommateurs Test-Achats ASBL nonché dai sigg. van Tizio e Caio contro il Conseil des ministres del Regno del Belgio, avente ad oggetto l’annullamento della legge 21 dicembre 2007 recante modifica della legge 10 maggio 2007 per la lotta contro le discriminazioni tra donne e uomini, per quanto riguarda la rilevanza dell’appartenenza ad un determinato sesso in materia assicurativa (Moniteur belge del 31 dicembre 2007, pag. 66175; in prosieguo: la «legge 21 dicembre 2007»).
 Contesto normativo
 Il diritto dell’Unione
3        La direttiva 2004/113 è stata adottata sulla base dell’art. 13, n. 1, CE. I ‘considerando’ primo, quarto, quinto, dodicesimo, quindicesimo, diciottesimo e diciannovesimo di tale direttiva sono così formulati:
«1)      Conformemente all’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea, l’Unione europea si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri, e rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali[, firmata a Roma il 4 novembre 1950,] e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.
(...)
4)      La parità tra gli uomini e le donne è un principio fondamentale dell’Unione europea. La Carta dei diritti fondamentali [dell’Unione europea] [in prosieguo: la “Carta”], agli articoli 21 e 23, vieta ogni discriminazione fondata sul sesso e prescrive che sia garantita la parità tra gli uomini e le donne in tutti i settori.
5)      [La promozione di tale] parità fra uomini e donne è [uno dei compiti essenziali della Comunità] ai sensi dell’articolo 2 del Trattato che istituisce la Comunità europea. L’articolo 3, paragrafo 2, del Trattato esige parimenti che la Comunità miri ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra gli uomini e le donne in ogni campo d’azione.
(...)
12)      Per evitare la discriminazione basata sul sesso, la presente direttiva dovrebbe applicarsi sia nei confronti della discriminazione diretta che di quella indiretta. Sussiste discriminazione diretta unicamente quando, a causa del suo sesso, una persona è trattata meno favorevolmente di un’altra persona in una situazione paragonabile. Pertanto, ad esempio, le differenze tra uomini e donne nella prestazione di servizi sanitari, risultanti dalle differenze fisiche tra gli stessi, non riguardano situazioni paragonabili e non costituiscono pertanto una discriminazione.
(...)
15)       Sono già in vigore una serie di strumenti giuridici ai fini dell’attuazione del principio della parità di trattamento tra donne e uomini nelle questioni riguardanti l’impiego e l’occupazione. La presente direttiva non si applica a questioni riguardanti tali settori. Lo stesso criterio si applica alle attività di lavoro autonomo se sono contemplate dai vigenti strumenti giuridici. La presente direttiva dovrebbe applicarsi soltanto alle assicurazioni e pensioni private, volontarie e non collegate a un rapporto di lavoro.
(...)
18)      Nella fornitura dei servizi assicurativi e altri servizi finanziari connessi si utilizzano comunemente fattori attuariali diversi a seconda del sesso. Per garantire la parità di trattamento tra uomini e donne, il fatto di tenere conto del sesso quale fattore attuariale non dovrebbe comportare differenze nei premi e nelle prestazioni individuali. Per evitare un brusco adeguamento del mercato questa norma dovrebbe applicarsi solo ai nuovi contratti stipulati dopo la data di recepimento della presente direttiva.
(19)      Talune categorie di rischi possono variare in funzione del sesso. In alcuni casi il sesso è un fattore determinante, ma non necessariamente l’unico, nella valutazione dei rischi assicurati. Per quanto concerne i contratti di assicurazione di questo tipo di rischi gli Stati membri possono decidere di autorizzare deroghe alla norma dei premi e delle prestazioni unisex, a condizione che possano garantire che i dati attuariali e statistici su cui si basa il calcolo sono affidabili, regolarmente aggiornati e a disposizione del pubblico. Sono consentite deroghe solo se la legislazione nazionale non ha già applicato la norma unisex. Cinque anni dopo il recepimento della presente direttiva gli Stati membri dovrebbero riesaminare la motivazione delle deroghe, tenendo conto dei più recenti dati attuariali e statistici e della relazione presentata dalla Commissione tre anni dopo la data di recepimento della presente direttiva».
4        La finalità della direttiva 2004/113 viene definita, all’art. 1 di quest’ultima, nei seguenti termini:
«Scopo della presente direttiva è quello di istituire un quadro per la lotta alla discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento tra uomini e donne».
5        L’art. 4, n. 1, della citata direttiva stabilisce quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva, il principio della parità di trattamento tra uomini e donne significa che:
a)      è proibita ogni discriminazione diretta fondata sul sesso, compreso un trattamento meno favorevole della donna in ragione della gravidanza e della maternità;
b)      è proibita ogni discriminazione indiretta fondata sul sesso».
6        L’art. 5 della medesima direttiva, intitolato «Fattori attuariali», recita:
«1.      Gli Stati membri provvedono affinché al più tardi in tutti i nuovi contratti stipulati dopo il 21 dicembre 2007, il fatto di tenere conto del sesso quale fattore di calcolo dei premi e delle prestazioni a fini assicurativi e di altri servizi finanziari non determini differenze nei premi e nelle prestazioni.
2.      Fatto salvo il paragrafo 1, gli Stati membri possono decidere anteriormente al 21 dicembre 2007 di consentire differenze proporzionate nei premi e nelle prestazioni individuali ove il fattore sesso sia determinante nella valutazione dei rischi, in base a pertinenti e accurati dati attuariali e statistici. Gli Stati membri interessati informano la Commissione e provvedono affinché siano compilati, pubblicati e regolarmente aggiornati dati accurati relativi all’utilizzo del sesso quale fattore attuariale determinante. Tali Stati membri riesaminano la loro decisione cinque anni dopo il 21 dicembre 2007 tenendo conto della relazione della Commissione di cui all’articolo 16 e trasmettono i risultati del riesame alla Commissione.
3.      In ogni caso i costi inerenti alla gravidanza e alla maternità non determinano differenze nei premi e nelle prestazioni individuali.
Gli Stati membri possono rinviare l’attuazione delle misure necessarie per conformarsi al presente paragrafo al più tardi fino a due anni a decorrere dal 21 dicembre 2007. In tal caso, gli Stati membri interessati ne informano immediatamente la Commissione».
7        L’art. 16 della direttiva 2004/113, intitolato «Relazioni», prevede quanto segue:
«1.      Gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni disponibili sull’applicazione della presente direttiva entro il 21 dicembre 2009 e successivamente ogni cinque anni.
La Commissione redige una relazione di sintesi che include un esame delle prassi correnti degli Stati membri in relazione all’articolo [5] per quanto riguarda il sesso quale fattore nel calcolo dei premi e delle prestazioni. Essa trasmette la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 21 dicembre 2010. Se del caso, la Commissione acclude alla relazione proposte di modifica della direttiva.
2.      La relazione della Commissione tiene conto delle posizioni delle parti interessate».
8        A norma dell’art. 17, n. 1, della direttiva 2004/113, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro e non oltre il 21 dicembre 2007, e comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
 Il diritto nazionale
9        L’art. 2 della legge 21 dicembre 2007 precisa che quest’ultima dà attuazione alla direttiva 2004/113.
10      L’art. 3 di tale legge contiene la norma che sostituisce l’art. 10 della legge 10 maggio 2007 per la lotta contro le discriminazioni tra donne e uomini, per quanto riguarda la rilevanza dell’appartenenza ad un determinato sesso in materia assicurativa.
11      Il nuovo art. 10 di quest’ultima legge risulta ora formulato nei seguenti termini:
«1.      In deroga all’art. 8, si può introdurre una distinzione diretta a carattere proporzionale in base all’appartenenza ad un determinato sesso al fine di stabilire premi e prestazioni assicurative, qualora il fattore sesso sia determinante nella valutazione dei rischi sulla base di pertinenti e accurati dati attuariali e statistici.
Tale deroga si applica unicamente ai contratti di assicurazione sulla vita ai sensi dell’art. 97 della legge 25 giugno 1992 disciplinante i contratti di assicurazione terrestre.
2.      A decorrere dal 21 dicembre 2007, i costi inerenti alla gravidanza e alla maternità non possono in alcun caso determinare ancora differenze in materia di premi e di prestazioni assicurative.
3.      La Commissione di controllo del settore bancario, finanziario e assicurativo raccoglie i dati attuariali e statistici di cui al paragrafo 1, garantisce la loro pubblicazione al più tardi entro il 20 giugno 2008 nonché, successivamente, quella dei dati aggiornati ogni due anni, e li pubblica sul suo sito Internet. Tali dati sono aggiornati ogni due anni.
La Commissione di controllo del settore bancario, finanziario e assicurativo è legittimata a richiedere ad istituzioni, imprese o individui interessati i dati necessari a tal fine. Essa precisa quali dati debbano esserle trasmessi, nonché con quali modalità e in quale forma.
4.      La Commissione di controllo del settore bancario, finanziario e assicurativo fornisce alla Commissione europea, entro e non oltre il 21 dicembre 2009, i dati di cui essa dispone in forza del presente articolo. Essa comunica tali dati alla Commissione europea a seguito di ogni loro aggiornamento.
5.      Le Camere legislative procedono, prima del 1° marzo 2011, ad una valutazione dell’applicazione del presente articolo sulla base dei dati di cui ai paragrafi 3 e 4, della relazione della Commissione europea di cui all’art. 16 della direttiva 2004/113/CE, nonché della situazione negli altri Stati membri dell’Unione europea.
Tale valutazione si svolgerà in base ad una relazione che una commissione di valutazione presenterà alle Camere legislative entro due anni.
Con decreto emanato in sede di Consiglio dei ministri, il Re stabilisce le norme di dettaglio in materia di composizione e di designazione della commissione di valutazione, e determina la forma ed il contenuto della relazione.
Tale commissione riferirà, in particolare, in merito alle conseguenze del presente articolo sulla situazione di mercato e analizzerà parimenti altri criteri di segmentazione diversi da quelli legati al sesso.
6.      La presente disposizione non si applica ai contratti assicurativi conclusi nell’ambito di un sistema di previdenza complementare. Tali contratti sono esclusivamente assoggettati all’art. 12».
 Fatti della causa principale e questioni pregiudiziali
12      I ricorrenti nella causa principale hanno proposto, dinanzi alla Cour constitutionnelle, un ricorso per l’annullamento della legge 21 dicembre 2007, che ha trasposto nell’ordinamento belga la direttiva 2004/113.
13      Essi ritengono che la legge 21 dicembre 2007, la quale mette in atto la facoltà di deroga prevista dall’art. 5, n. 2, della direttiva 2004/113, sia contraria al principio della parità tra donne e uomini.
14      Preso atto che la legge 21 dicembre 2007 concretizza la facoltà di deroga contemplata dall’art. 5, n. 2, della direttiva 2004/113, la Cour constitutionnelle, ritenendo che il ricorso di cui è stata investita sollevi un problema di validità di una disposizione di una direttiva dell’Unione, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se l’art. 5, n. 2, della direttiva [2004/113] sia compatibile con l’art. 6, n. 2, UE e, più specificamente, con il principio di parità e di non discriminazione garantito da tale disposizione.
2)      In caso di soluzione negativa della prima questione: se lo stesso art. 5, n. 2, della [citata] direttiva sia parimenti incompatibile con l’art. 6, n. 2, UE qualora la sua applicazione sia limitata ai soli contratti di assicurazione sulla vita».
 Sulle questioni pregiudiziali
15      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 5, n. 2, della direttiva 2004/113 sia valido alla luce del principio della parità di trattamento tra donne e uomini.
16      L’art. 6, n. 2, UE, al quale il giudice del rinvio fa riferimento nelle sue questioni e che è menzionato nel primo ‘considerando’ della direttiva 2004/113, stabiliva che l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. Tali diritti fondamentali sono stati incorporati nella Carta, la quale, a partire dal 1° dicembre 2009, ha il medesimo valore giuridico dei Trattati.
17      Gli artt. 21 e 23 della Carta proclamano, da un lato, che è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso e, dall’altro, che la parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi. Dal momento che il quarto ‘considerando’ della direttiva 2004/113 si riferisce esplicitamente a tali articoli, occorre esaminare la validità dell’art. 5, n. 2, di tale direttiva alla luce delle citate disposizioni della Carta (v., in tal senso, sentenza 9 novembre 2010, cause riunite C-92/09 e C-93/09, Volker und Markus Schecke e Eifert, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 46).
18      Il diritto alla parità di trattamento tra donne e uomini costituisce l’oggetto di disposizioni contenute nel Trattato FUE. Da un lato, ai sensi dell’art. 157, n. 1, TFUE, ciascuno Stato membro deve assicurare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Dall’altro lato, l’art. 19, n. 1, TFUE prevede che il Consiglio, previa approvazione del Parlamento, possa prendere i provvedimenti opportuni per combattere tutte le discriminazioni fondate sul sesso, sulla razza o sull’origine etnica, sulla religione o sulle convinzioni personali, sulla disabilità, sull’età o sull’orientamento sessuale.
19      Mentre l’art. 157, n. 1, TFUE stabilisce il principio della parità di trattamento tra donne e uomini in un settore specifico, l’art. 19, n. 1, TFUE costituisce una norma attributiva di un potere al Consiglio, che quest’ultimo deve esercitare conformandosi, in particolare, all’art. 3, n. 3, secondo comma, TUE – a norma del quale l’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore – e all’art. 8 TFUE, in virtù del quale l’Unione, nelle sue azioni, mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne.
20      Nella realizzazione progressiva di tale parità, è il legislatore dell’Unione che, considerando la missione affidata all’Unione dall’art. 3, n. 3, secondo comma, TUE e dall’art. 8 TFUE, stabilisce il momento del proprio intervento tenendo conto dell’evoluzione delle condizioni economiche e sociali nell’Unione stessa.
21      Tuttavia, una volta che tale intervento è stato deciso, esso deve volgersi, in modo coerente, alla realizzazione dell’obiettivo ricercato, ciò che non esclude la possibilità di prevedere periodi transitori o deroghe di portata limitata.
22      Come constatato nel diciottesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/113, al momento dell’adozione di quest’ultima costituiva pratica diffusa, nella fornitura dei servizi assicurativi, l’utilizzo di fattori attuariali correlati al sesso.
23      Di conseguenza, il legislatore dell’Unione era legittimato a mettere in atto il principio della parità tra donne e uomini, e più precisamente l’applicazione della regola dei premi e delle prestazioni unisex, in modo graduale con opportuni periodi transitori.
24      È in questo senso che il legislatore dell’Unione, all’art. 5, n. 1, della direttiva 2004/113, ha disposto che le differenze nei premi e nelle prestazioni risultanti dall’utilizzo del sesso come fattore nel calcolo dei medesimi dovevano essere abolite entro e non oltre la data del 21 dicembre 2007.
25      D’altro canto, derogando alla regola generale dei premi e delle prestazioni unisex introdotta dal citato art. 5, n. 1, il successivo paragrafo di questo stesso articolo ha concesso agli Stati membri che al momento dell’adozione della direttiva 2004/113 non applicavano già la regola suddetta la facoltà di decidere, prima del 21 dicembre 2007, di autorizzare differenze proporzionali nei premi e nelle prestazioni individuali qualora il fattore sesso sia determinante nella valutazione dei rischi, sulla base di pertinenti e accurati dati attuariali e statistici.
26      A mente del medesimo art. 5, n. 2, tale facoltà verrà riesaminata cinque anni dopo il 21 dicembre 2007, tenendo conto di una relazione della Commissione; tuttavia, dal momento che nella direttiva 2004/113 manca una norma in merito alla durata di applicazione di tali differenze, gli Stati membri che hanno fatto uso della facoltà suddetta sono autorizzati a consentire agli assicuratori di applicare tale trattamento ineguale senza limiti di tempo.
27      Il Consiglio esprime i propri dubbi quanto al fatto che le rispettive situazioni degli assicurati di sesso femminile e degli assicurati di sesso maschile, nell’ambito di alcuni settori delle assicurazioni private, possano essere considerate paragonabili, in considerazione del fatto che, dal punto di vista tecnico degli assicuratori, i quali classificano i rischi per categorie sulla base delle statistiche, i livelli di rischio assicurato possono essere differenti per le donne e per gli uomini. La detta istituzione sostiene che l’opzione offerta all’art. 5, n. 2, della direttiva 2004/113 mira unicamente a consentire che situazioni differenti non vengano trattate in modo uguale.
28      Secondo la costante giurisprudenza della Corte, il principio della parità di trattamento impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza 16 dicembre 2008, causa C-127/07, Arcelor Atlantique et Lorraine e a., Racc. pag. I-9895, punto 23).
29      A questo proposito, occorre sottolineare che la paragonabilità delle situazioni deve essere valutata alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione che stabilisce la distinzione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Arcelor Atlantique et Lorraine e a., cit., punto 26). Nel caso di specie, tale distinzione viene introdotta dall’art. 5, n. 2, della direttiva 2004/113.
30      È pacifico che lo scopo perseguito da tale direttiva nel settore dei servizi assicurativi è, come testimoniato dal suo art. 5, n. 1, l’applicazione della regola dei premi e delle prestazioni unisex. Il diciottesimo ‘considerando’ di detta direttiva afferma espressamente che, per garantire la parità di trattamento tra donne e uomini, il fatto di tenere conto del sesso quale fattore attuariale non dovrebbe comportare differenze nei premi e nelle prestazioni individuali. Il diciannovesimo ‘considerando’ della medesima direttiva qualifica la facoltà concessa agli Stati membri di non applicare la regola dei premi e delle prestazioni unisex come una «deroga». Dunque, la direttiva 2004/113 si fonda sulla premessa secondo cui, ai fini dell’applicazione del principio della parità di trattamento tra donne e uomini sancito dagli artt. 21 e 23 della Carta, la situazione delle donne e quella degli uomini in rapporto ai premi e alle prestazioni assicurative da essi stipulati sono paragonabili.
31      Alla luce di ciò, sussiste un rischio che la deroga alla parità di trattamento tra donne e uomini prevista dall’art. 5, n. 2, della direttiva 2004/113 sia permessa dal diritto dell’Unione a tempo indefinito.
32      Una disposizione siffatta, la quale consente agli Stati membri interessati di mantenere senza limiti di tempo una deroga alla regola dei premi e delle prestazioni unisex, è contraria alla realizzazione dell’obiettivo della parità di trattamento tra donne e uomini perseguito dalla direttiva 2004/113 ed è incompatibile con gli artt. 21 e 23 della Carta.
33      Di conseguenza, la disposizione suddetta deve essere considerata invalida alla scadenza di un adeguato periodo transitorio.
34      Alla luce dell’insieme delle considerazioni sopra esposte, occorre risolvere la prima questione sollevata dichiarando che l’art. 5, n. 2, della direttiva 2004/113 è invalido con effetto alla data del 21 dicembre 2012.
35      Tenuto conto di tale risposta, non occorre risolvere la seconda questione pregiudiziale.
 Sulle spese
36      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
L’art. 5, n. 2, della direttiva del Consiglio 13 dicembre 2004, 2004/113/CE, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura, è invalido con effetto alla data del 21 dicembre 2012.
Firme
* Lingua processuale: il francese.

 


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2011-03-02 Chi: Spataro Fonte: Curia.eu Link: http://curia.europa.eu/jurisp/cgi-bin/form.pl?lang








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