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Insidia 2012-05-28 - Pdf - Stampa

Il gestore della strada non risponde per l'Insidia evidente

Cassazione, sez. III, 18 aprile 2012, n. 6065 (Pres. Petta – Rel. D’Amico) Fonte: Cassazione

 

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      Svolgimento  del processo   
 C.A.  convenne  in   giudizio l'Anas  dinanzi   al  Giudice di   Pace  di  Teramo chiedendo il  risarcimento dei danni  che  asseriva  di  aver  subito  allorche',alla guida del proprio ciclomotore, era caduto  a  terra a  causa di  una   buca   presente  sulla  strada  che  stava percorrendo.  
 Con  sentenza  n.  28/2007 il   suddetto  giudice  rigetto'  la  domanda  attrice.     C.A.  propose  quindi  appello chiedendo  che,  in  riforma della  sentenza  impugnata,  il  Tribunale  accogliesse  la   domanda  da lui  proposta  in  primo grado.   
 Il  Tribunale  rigettava  l'appello.   
 Propone ricorso  per cassazione C.A.   con   un unico  motivo.    Parte intimata  non  ha svolto  attivita'  difensiva.        
 Motivi  della  decisione    
     Con  il  primo  motivo  del ricorso  C.A.  denuncia  “Insufficienza  e  carente  motivazione in  ordine   al  fatto   controverso  -  Omessa valutazione   di   un  punto  controverso  -  Violazione ex  art. 360,  comma 5,  c.p.c.”.     Secondo   parte ricorrente entrambi  i   giudici,  pur avendo riconosciuto l'inadeguatezza  della  strada  e la  sua   pericolosita',   hanno  ritenuto di  attribuire  al   caso  fortuito l'incidente  sulla  scorta  dell'obbligo  del  conducente   di  dover evitare  gli  ostacoli presenti sulla  strada  e  non  alla  carenza di  interventi   di  manutenzione  da  parte  dell'Anas.  Il   dovere  del  custode,  prosegue  C.A.  ,  non   puo'  cessare  per la  vastita'   e le   dimensioni del bene  e,   seppure si  puo'  ritenere che  possa sussistere una  difficolta'  oggettiva  nel  controllo  e nella  manutenzione  che   deve  essere   garantita,  non   puo'  accogliersi l'idea che  per quella difficolta'  si  possa sacrificare il   diritto   dell'utente alla sicurezza  e   qualificare come  caso  fortuito l'incidente.    
Il  caso  fortuito potrebbe  sussistere solo  se  fra il  momento in  cui si   determina il   danno  e  quello  in  cui si   verifica  l'evento  lesivo,  nonostante  la  diligente  segnalazione del pericolo,  intercorra un  breve lasso di   tempo,   mentre l'inerzia  prolungata nell'eliminazione   del pericolo non  puo'  giustificare  l'A.n.a.s..   
 Si  ritiene   quindi   che  la  sentenza  impugnata  evidenzi la  chiara  violazione di  legge per  carenza  di  adeguata   motivazione   sui punti  essenziali   della   controversia.    Il  motivo  e'  infondato. 
   Con  specifico  riferimento  al  danno   da  cattiva  manutenzione   del manto stradale si  è affermato che  ove si   verifichi  un sinistro  a  seguito  di   non   corretta  manutenzione  della  strada  da parte dell'ente   preposto  alla  tutela,  la  responsabilita'  gravante  sulla  P.A.,  ai  sensi  dell'art. 2051 c.c.,  per l'obbligo  di   custodia  delle  strade   demaniali,  e'  esclusa  ove l'utente  danneggiato abbia tenuto   un  comportamento  colposo tale  da  interrompere  il  nesso eziologico tra la  causa del danno  e il  danno   stesso,  dovendosi altrimenti ritenere,  ai   sensi dell'art. 1227, primo  comma,  c.c.,   che   tale   comportamento  integri  soltanto un  concorso  di  colpa  idoneo  a  diminuire, in  proporzione  dell'incidenza   causale, la  responsabilita'  della  P.A.   (Cass.,  22.4.2010, n.   9546).   
 Le  misure di   precauzione   e salvaguardia imposte  al   custode del bene  devono ritenersi   correlate  alla  ordinaria  avvedutezza di   una  persona e   percio'  non  si   estendono alla considerazione di   condotte   irrazionali,   o  comunque  al  di  fuori  di   ogni  logica  osservanza del  primario dovere  di  diligenza,  con  la  conseguenza che   non  possono ritenersi   prevedibili ed evitabili tutte le  condotte   dell'utente  del  bene in  altrui custodia,   ancorche'  colpose (Cass.,  27.9.1999, n.  10703).  
 La  possibilita'  per il   danneggiato di  percepire  agevolmente l'esistenza della  situazione di  pericolo incide  sulla   concreta  configurabilita'  di   un nesso eziologio  tra la   cosa  e il   danno,   ponendo   correlativamente  in  risalto  il   rilievo  causale attribuibile   al  comportamento  colposo del danneggiato che  avrebbe verosimilmente  dovuto   prestare maggiore  attenzione alle  condizioni della  strada  che  stava percorrendo.  
 Dalla fattispecie in  esame   non  emerge  alcun  elemento  dal quale si  possa evincere che  C.H.   non  fosse in   grado di   percepire  l'esistenza della  buca, qualora avesse  mantenuto un'andatura  coerente   con  le   caratteristiche  del veicolo   da lui  steso condotto  ed avesse  prestato una  adeguata  attenzione alle  condizioni  del terreno.   
 Si  ha  quindi  ragione di  ritenere  che  l'evento  de quo   non  si  sarebbe verificato  se, in  ottemperanza  della   apposita  segnaletica  e  nel rispetto del limite  di  velocita', C.A.   non  fosse transitato  nella  fascia   della  strada   ove era presente  la  buca. 
  Nel  caso  in  esame  la  Corte  di  merito,  con  ragionamento  immune   da vizi logici  o  giuridici e  con  adeguata   motivazione   ha escluso   un comportamento  colposo dell'ente  A.n.a.s., pur  in   presenza  delle   buche,  in   quanto  lo  stesso  ente  si   era attivato nel  segnalarle con  apposito   cartellone, oltre  ad imporre   il  limite   di   velocità di  km 30/h.    Colposo invece  e'  stato il  comportamento  del motociclista   che  non  si  è attenuto   alle comuni regole  di   prudenza, alle segnalazioni  stradali, certamente  visibili  in   pieno  giorno,  e non  ha tenuto   una  velocita'  adeguata  alla condizione  dei luoghi.   
 Per le  ragioni   che   precedono il  ricorso  deve  in   conclusione  essere  rigettato  mentre in  assenza  di  attivita'   difensiva  di  parte intimata   non  v'è luogo  a  disporre sulle  spese  del  giudizio di  cassazione.    
     P.Q.M.       
  La  Corte rigetta  il  ricorso  e  non  dispone  per le  spese  del giudizio di  cassazione.


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2012-05-28 Chi: Spataro Fonte: Cassazione








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