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Contrassegno 2016-06-13 - Pdf - Stampa

Depenalizzata la falsificazione di contrassegno assicurativo

Tuttavia restano le altre sanzioni. Cassazione 18908 del 2016

 

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 RITENUTO IN FATTO

1 - Con sentenza del 18 marzo 2015 la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Udine del 22 maggio 2014, rideterminava la pena inflitta a Tizio Tizio in mesi 9 di reclusione, ritenuta la recidiva specifica infraquinquennale (accogliendo l'appello della pubblica accusa avverso la decisione del Tribunale che aveva ritenuto la recidiva solo infraquinquennale e non specifica), revocando anche le sospensioni condizionali delle pene inflitte al medesimo in occasione di due precedenti condanne.
 L'imputato era stato ritenuto colpevole del delitto di falso in scrittura privata per avere contraffatto il contrassegno dell'assicurazione esposto sul parabrezza della sua autovettura. Era stato assolto dalla contestazione a lui mossa di tentata truffa ai danni della compagnia assicurativa in quanto la falsificazione del contrassegno non era stata ritenuta circostanza idonea ad indurre in errore la compagnia circa il fatto che l'imputato avesse stipulato un contratto di assicurazione.
 La falsificazione del contrassegno era stata accertata a seguito di un controllo effettuato dalla Polizia locale, il 4 ottobre 2011, perchè la copertura assicurativa appariva già scaduta il precedente il 15 settembre 2011, e così si era appurato che l'auto, di proprietà della società in accomandita di cui l'imputato era socio amministratore, risultava priva di assicurazione a partire dall'Il marzo 2011, e che, quindi, la diversa e posteriore data apposta sul contrassegno era falsa.
 Era stata ritenuta irrilevante, dalla Corte territoriale, la produzione da parte dell'imputato di una ricevuta, in copia, di un pagamento per la copertura assicurativa del mezzo per 12 mesi che risultava effettuato 1'8 luglio dell'anno prima, il 2010.
 2 - Ricorre avverso la predetta sentenza l'imputato, a mezzo del suo difensore.
 2 - 1 - Con il primo motivo lamenta il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta colpevolezza dell'imputato.
 Il teste Caio, infatti, aveva confermato, in dibattimento, che altre persone erano state truffate con l'invio di simili contrassegni assicurativi e confermava così la tesi dell'imputato di essere rimasto vittima di una truffa sottoscrivendo un'assicurazione on line.
 Erroneamente la Corte aveva dubitato dell'autenticità della copia del pagamento esibito dall'imputato. I giudici del merito non avevano tenuto conto del fatto che l'imputato aveva la disponibilità dell'auto fin dal 2010, aveva pagato un'annualità di assicurazione nel luglio 2010 ed era, poi, caduto vittima di un raggiro.
 2 - 2 - Con il secondo motivo deduce la violazione della legge penale in riferimento al riconoscimento della recidiva specifica infraquinquennale.
La Corte aveva errato nel considerare della medesima indole, rispetto al delitto di falso in scrittura privata per cui è processo, i delitti di truffa, falsità materiale e sostituzione di persona per i quali il ricorrente aveva patito le precedenti condanne.
 Si chiedeva inoltre la concessione della sospensione condizionale della pena che il primo giudice aveva concesso e la Corte aveva negato.

 CONSIDERATO IN DIRITTO

All'imputato è ascritto il solo reato previsto e punito dall'art. 485 del codice penale, la falsità in scrittura privata.
 L'art. 1 del decreto legislativo 15 gennaio 2016 ha disposto l'abrogazione del delitto in questione e pertanto si deve annullare la sentenza impugnata perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
 L'art. 4, comma 4 lettera a), del medesimo decreto aggiunge che "soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro duecento a euro dodicimila chi, facendo uso o lasciando che altri faccia uso di una scrittura privata da lui falsamente formata o da lui alterata, arreca ad altri un danno", specificando che "si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata".
 Ne discende che l'illecito penale previsto dall'art. 485 del codice penale è stato sostituito da un, peraltro inedito, illecito civile (qualora ricorresse la continuità della fattispecie: nel delitto il danno o il vantaggio costituivano il fine dell'azione, nell'illecito civile è contemplato solo il danno, che concreta però un elemento materiale della condotta) e, di conseguenza,$)p~bba questa Corte, la questione dell'irrogazione della sanzione pecuniaria che ne discende.
 A tal proposito l'art. 8, comma 1 e 2, del decreto legislativo n. 15 del 2016 dispone che "le sanzioni pecuniarie civili sono applicate dal giudice competente a conoscere dell'azione di risarcimento del danno" e che "il giudice decide sull'applicazione della sanzione civile pecuniaria al termine del giudizio, qualora accolga la domanda di risarcimento proposta dalla persona offesa".
Ne discende che, non essendo stata proposta nell'odierno processo l'azione civile, non si discute, nemmeno in teoria, della correttezza della formula di annullamento senza rinvio.
 Peraltro, posto che il giudice penale può decidere sull'azione civile solo quando la condotta generativa della stessa costituisca, anche, un illecito penale, secondo il principio generale contemplato dall'art. 185 del codice penale, l'azione civile, eventualmente proposta, ne sarebbe rimasta travolta posto che il legislatore non ha inteso preservarne gli effetti come, diversamente, ha fatto nel parallelo decreto legislativo 15 gennaio 2016 n. 8 per le condotte, già di rilevo penale, divenute illeciti amministrativi.


 P.Q.M.


 Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
 Così deciso in Roma, il 2 marzo 2016.
 


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