ggazzetta: GU n. 49 del 22-12-2004
Testo: LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Valerio ONIDA;
Giudici: Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK,
Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1 del
decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia
di giudizio necessario secondo equita), convertito, con
modificazioni, nella legge 7 aprile 2003, n. 63, promossi con
ordinanze del 4 novembre 2003 dal giudice di pace di Genzano di Roma
e del 26 settembre 2003 dal giudice di pace di Napoli nei
procedimenti civili vertenti tra S. P. e La Fondiaria - SAI S.p.a. e
tra B. L. e le assicurazioni Generali S.p.a., iscritte
rispettivamente ai numeri 307 e 571 del registro ordinanze 2004 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 17 e 25,
1ª serie speciale, dell'anno 2004.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 17 novembre 2004 il giudice
relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che nel corso di un giudizio instaurato, con atto di
citazione per l'udienza del 16 maggio 2003, nei confronti della
S.p.a. La Fondiaria - SAI per ottenerne la condanna alla ripetizione
di una somma versata per un premio relativo ad una polizza per
responsabilità civile autoveicoli, risultata in eccedenza in
conseguenza della costituzione di un «cartello» tra le imprese del
settore già sanzionato dall'Autorità garante della concorrenza e
del mercato, il giudice di pace di Genzano di Roma ha sollevato, con
ordinanza del 4 novembre 2003 (r.o. n. 307 del 2004), questione di
legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.,
dell'art. 1 della legge 7 aprile 2003, n. 63 (recte: dell'art. 1 del
decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, recante «Disposizioni urgenti
in materia di giudizio necessario secondo equita», convertito, con
modificazioni, nella legge 7 aprile 2003, n. 63), nella parte in cui,
sostituendo il secondo comma dell'art. 113 cod. proc. civ., esclude
il giudizio secondo equità per tutte le controversie relative ai
contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 cod.
civ., indipendentemente dal loro valore;
che il giudice a quo, per quel che riguarda la rilevanza
della questione, precisa che dalla sua definizione dipende
l'applicabilità o meno, al giudizio in corso, del vecchio testo del
secondo comma dell'art. 113 del codice di procedura civile;
che il remittente, dall'insieme delle norme che hanno via via
disciplinato il giudizio secondo equità ampliandone la sfera di
applicazione e dalla sentenza n. 716 del 1999 delle Sezioni unite
della Corte di cassazione, desume che la possibilità di ottenere una
decisione secondo equità «nelle cause di valore non superiore al
vecchio milione di lire» - nelle quali, non a caso, l'art. 82, primo
comma, cod. proc. civ., consente alla parte di stare in giudizio
personalmente - è una delle particolari configurazioni del diritto
di difesa costituzionalmente garantito;
che, quanto alla violazione del principio di uguaglianza, la
norma impugnata introduce, ad avviso del remittente, una disparita'
di trattamento tra i giudizi che si svolgono davanti al giudice di
pace, irragionevole in quanto non giustificata dalla specificita'
della materia trattata, ma dal tipo di contratto utilizzato, che e'
suscettibile di essere applicato da parte del contraente «forte» a
qualsiasi tipologia di transazione commerciale, con evidente danno
dei contraenti deboli (cioè dei consumatori);
che, d'altra parte, la natura di contraenti «forti» rivestita
dai grandi gruppi di imprese che gestiscono i contratti di massa -
contratti che riguardano, nei casi di maggior rilievo, prestazioni
delle quali il singolo cittadino non può assolutamente fare a meno -
dà conto della ragione